il territorio

Colle di Neraissa. Fotografia di Giovanni Mozzi

Dai 631 m.s.m., di Borgo San Dalmazzo ai 1996 m.s.m., del colle della Maddalena o col de Larche, per i francesi, la Valle Stura di Demonte, con i suoi 60 Km circa di strada statale, si inserisce tra le Alpi Cozie Meridionali e le Alpi Marittime; ampio solco vallivo caratterizzato da un andamento prevalente Est – Ovest fino alla stretta di Pianche per poi deviare verso Nord-Ovest fino alla sua testata. Le valli Maira e Grana la fiancheggiano a Nord, oltre il valico si apre la francese valle dell’Ubayette, la valle Tinée e la valle Gesso la costeggiano a Sud. Importanti valloni laterali caratterizzano, tra l’altro, questa valle: il vallone dell’Arma che, da Demonte, sulla sinistra idrografica, consente, nel periodo estivo, il collegamento stradale con le valli Maira e Grana attraverso il colle di Valcavera (2416 m.s.m.) ed il Colle dei Morti (2480 m.s.m.), il vallone di Sant’Anna, da Pratolungo (Vinadio) sulla destra orografica, che permette di raggiungere, sempre nei mesi estivi, il santuario di Sant’Anna di Vinadio (2010 m.s.m.) ed il colle della Lombarda (2351 m.s.m.) ingresso per la valle della Tinée ( F ) e quindi della costa azzurra. Il vallone di Bagni di Vinadio, che staccandosi all’altezza di Pianche, sulla destra Stura, presenta prima una interessante soglia glaciale poi un tratto incassato fra ripide pareti ed infine l’ampio pianoro che ospita l’accogliente paese che, fra l’altro, è sede di un importante stabilimento termale.
Non ultimi altri numerosi valloni secondari permettono, a piedi o in auto, l’accesso a zone di sicuro interesse naturalistico e non solo.
Importanti gruppi montuosi circondano la valle, in particolare, lungo la dorsale che separa la Valle Stura dalla Valle Tinée, incontriamo il Monte Ténibres, 3031 m.s.m., il monte Corborant, 3010 m.s.m., il Becco alto d’Ischiator (Gran Cimon de Rabuons per i francesi) 2996 m.s.m. e altri ancora come il Màlinvern oppure, sulla sinistra Stura, i meno quotati ma spettacolari e panoramici Monte Bersaio e le Punte Chiavardine per non dimenticare poi il Monte Tamone, amministrativamente in Val Grana ma comodamente accessibile dal vallone di Rittana, da Chiot Rosa, stupendo balcone sulla pianura cuneese e su un’ampia porzione di arco alpino.
Geologicamente parlando, la valle Stura, è per due terzi del suo versante destro orografico appartenente al massiccio cristallino dell’Argentera, antichissime rocce eruttive e sedimentarie trasformate in rocce metamorfiche (gneiss, graniti ) attraverso processi avvenuti in profondità ad alte temperature e pressione prima del loro ultimo sollevamento. Si contrappone sul fianco sinistro e nella testata della valle la presenza di rocce più recenti di origine sedimentaria, generatesi nell’antico mare mesozoico e traslate verso Ovest da importanti movimenti orogenetici, l’imponente parete delle Barricate con le sue stratificazioni a reggipoggio sono un classico esempio di questo tipo di rocce.
Il grande ghiacciaio che nel quaternario ricopriva la valle ed i ghiacciai minori che scendevano dalle valloni laterali hanno infine modellato quello che oggi è il bacino montano del fiume Stura; ghiacciaio che, fino a circa 12000 anni fa, scendeva a lambire la pianura e raggiungeva un’altezza di alcune centinaia di metri, ne sono testimonianza la morena frontale nei pressi di Gaiola e le morene laterali di Bergemolo e Bergemoletto. I ghiacciai che occupavano le valli laterali, dotati di una minore forza erosiva, creavano quelle che oggi sono degli interessanti esempi di valli sospese quali il vallone di Rio Freddo nella destra Stura ed il vallone di Rio Roburent nella sinistra, lasciandoci anche le così dette rocce montonate, placche rocciose lisciate ed a volte striate dai massi trasportati dal ghiacciaio, quali ad esempio quelle presenti nella zona dei laghi Lausfer al Corborant. Nel corso dei millenni poi, al ritirarsi dei ghiacciai, il fiume Stura con i suoi affluenti hanno inciso in alcuni tratti profonde gole, come la già citata zona della Barricate, il salto del Camoscio, le gole dell’Olla, il vallone di Bagni di Vinadio e quelle del vallone di Sant’Anna per citarne alcune; apporti alluvionali hanno poi creato fertili pianure come quella a valle di Demonte, più altre minori nei valloni laterali.
Se da un punto di vista geomorfologico la valle presenta aspetti interessanti non da meno sono la sua flora e la sua fauna. Pino silvestre frammisto a larice, quest’ultimo messo in loco negli anni ’50 con campagne di forestazione, nella parte medio-alta della valle ricoprono il versante sinistro, l’adrec in lingua locale (al diritto, a solatio ) più in basso faggi e castagni regnano sovrani.
L’abete bianco, il larice ed il peccio, bellissima la pecceta di Callieri, ed il pino cembro in quota sono i padroni incontrastati del versante destro dell’alta valle, l’ubac (opacum, dal lato in ombra) mentre ancora il faggio ed il castagno ricompaiono dalla stretta di Pianche verso la pianura, non mancano comunque altre specie di latifoglie quali la roverella, i pioppi, vari tipi di salice e molte altre. Abbassando gli occhi a piante più piccole, ma non meno nobili, i fiori , troviamo interessanti specie endemiche o rare quali la Sassifraga florulenta, la Sassifraga pedemontana e la Silene cordifolia per l’ambiente rupestre, la Berardia subacaulis, vero fossile vivente, relitto dell’era terziaria, per i macereti ed i ghiaioni, la Fritillaria moggridgei, endemica, e il Senecio balbisianum, raro, nelle praterie d’alta quota ed ancora l’Eryngium spina alba e la più nota Regina delle alpi (Eryngium alpinum). Tra gli arbusti possiamo ricordare il Prunus brigantiaca o pruno del delfinato e, quella che potrebbe essere la stazione più nord-occidentale, del Juniperus phoenicea, nel comune di Moiola.
La grande varietà di vegetazione e di conseguenza di ambienti presuppone la presenza di una altrettanto grande varietà di animali; reintroduzioni, ritorni spontanei, una caccia attenta, hanno fatto si che effettivamente in valle, la fauna alpina, sia rappresentata in quasi tutte le sue forme. Sono presenti i grandi ungulati ruminanti quali il camoscio, che, seppur ridotto a pochi esemplari nel periodo postbellico è ora presente con una popolazione stabile di parecchie centinaia di esemplari, lo stambecco, arrivato anni fa per migrazione naturale dall’ allora Parco dell’Argentera (ora Parco delle Alpi Marittime) il reintrodotto cervo, presente in epoca preistorica, popola ora buona parte della valle. Ancora gli introdotti capriolo e muflone, il primo immesso decenni fa nel vallone di Neraissa e diffusosi in tutta la valle, il secondo arrivato dalla valle Tinée dove era stato portato dalla Corsica negli anni ‘50 del secolo scorso, tra gli ungulati non ruminanti il cinghiale che scorrazza dal limite dei boschi in quota alle coltivazioni di fondovalle. Tra i bassi cespugli di ginepro e mirtilli possiamo poi trovare due rappresentanti della fauna artica, dotati dello stesso mimetismo invernale e arrivati all’epoca dei grandi ghiacciai: la pernice bianca e la lepre variabile o lepre bianca (lepus timidus). Tanta abbondanza animale non poteva non attirare il più grande predatore delle Alpi Occidentali: il lupo; ritornato dopo decenni, forse secoli di assenza è ora presente, in forma stabile, nell’alta valle, animale schivo e sfuggente, la sua presenza è comunque ben documentata dalle tracce quali fatte, orme e predazioni, che si possono trovare, soprattutto nel periodo invernale, lungo i percorsi delle escursioni.
Marmotte , volpi, mustelidi, arvicole, la troppo temuta viper aspis, la lucertola vivipara e la miriade di appartenenti al vasto mondo degli invertebrati completano una fauna quanto mai numerosa e variegata.
L’avifauna è ugualmente ricca e molteplice, sia quella stanziale che quella di passo ed offre la possibilità di osservare una grande quantità di specie, tra l’altro la valle è conosciuta nel mondo degli ornitologi per essere un frequentatissimo corridoio di transito per gli uccelli in migrazione verso sud. L’aquila reale così come la poiana o il biancone sono facilmente osservabili, il reintrodotto gipeto fa la sua comparsa saltuariamente dopo aver dimorato per anni nelle pareti delle Barricate, all’occhio del camminatore attento non è poi difficile individuare le fatte del gallo forcello così come non è impossibile trovare le borre dei gufi o delle civette, codirossi spazzacamini, fringuelli alpini, spioncelli tengono compagnia agli escursionisti alle quote più alte.